robotic yawn

A partire dagli inizi del XX secolo, i robot sono stati spesso impiegati per realizzare modelli animali e umani. Simulare un essere vivente con un robot ci permette di comprendere meglio i processi mentali e neurali che guidano il suo comportamento.

Oggi una nuova idea di ricerca sta mettendo radici, affiancando questa più antica branca di studi, dove i robot non sono più usati come modelli, ma come stimolo per gli altri esseri viventi.

Ne è un esempio la ricerca condotta da Hagen Lehmann e Frank Broz della Heriot-Watt University a Edimburgo che ha cercato di capire se i robot riescano a contagiarci con gli sbadigli.

Nella nostra specie sono stati identificati due tipi di sbadiglio: quello da noia o stanchezza e quello contagioso, che ci porta a sbadigliare a nostra volta, quando vediamo o pensiamo a qualcun altro che lo fa.

Può sembrare bizzarro voler indagare un aspetto simile, ma in realtà questi gesti si basano su fenomeni cognitivi di grande interesse come l’empatia e il loro studio aiuta a migliorare le interazioni sociali tra robot ed esseri umani.

Durante l’esperimento i partecipanti erano ignari dello scopo, in quanto renderli partecipi li avrebbe indotti a sbadigliare, falsando i risultati. Erano presenti due gruppi: il primo doveva guardava il robot sbadigliare; il secondo, invece, l’osservava fare nulla.

I ricercatori hanno così compilato una griglia e registrato quante volte i partecipanti hanno sentito l’urgenza di sbadigliare (anche se poi si sono trattenuti dal farlo), per capire se ci fossero differenze tra i due gruppi. Ai partecipanti, inoltre, sono state chieste le abitudini personali, specie l’uso di caffè e sigarette, in quanto rappresentano una variabile nel comportamento.

I risultati emersi suggeriscono che i robot possano farci sbadigliare, dunque tra macchine e umani possono instaurarsi relazioni empatiche. Raccontano anche come non sia affatto necessario assomigliare in modo realistico a un essere umano per indurre uno sbadiglio. La nostra risposta empatica, dunque, si attiva per uno spettro più ampio di stimoli: siamo reattivi nei confronti anche degli oggetti.

In futuro, questo aspetto sarà sempre più importante, specie per quei pazienti che dovranno affidarsi ad assistenti robotici.

Quello raccontato è solo uno dei molti esempi di ricerche che implicano l’interazione tra robot e altri esseri viventi. Questa rubrica nasce per raccontarveli.

Se vuoi leggere l’articolo scientifico ecco il link: https://dl.acm.org/doi/abs/10.1145/3173386.3177063

Ti stai chiedendo perché usare un robot invece di un altro essere vivente? La risposta la trovi qui!